Ieri, domenica, mi sono ritrovato a dover comprare del pane, per ragioni che non sto a spiegare.
E' un bel problema trovare negozi o supermercati aperti la domenica. L'unica opzione sono i negozi di alimentari gestiti da immigrati turchi o indiani. Ci si trova il cibo della disperazione, con prezzi maggiorati, e sono aperti minimo fino alle dieci di sera, festivi compresi. E quando uno fa il mio lavoro, si ritrova spesso disperato in cerca di pane, a orari improponibili.
Sono andato dunque in questo alimentari turco che si trova proprio nella via dove lavoro, in cerca di pane.
Ce l'avevano, meno male.
Solo che, a giudicare dalla consistenza gommosa, risaliva alla fine degli anni ottanta.
Sempre pane è, mi sono detto, e l'ho portato alla cassa per pagare.
Il titolare ha guardato la pagnotta, l'ha scossa un po', l'ha posata sul bancone e ha avvicinato l'orecchio. Mi ha guardato con gli occhi spalancati e tutto è successo molto in fretta a quel punto. Ha detto qualcosa in turco alla moglie nel retrobottega, si è arrotolato le maniche del camice e ha cominciato a fare il massaggio cardiaco alla pagnotta. La moglie intanto è comparsa dal retro del negozio, correndo, portando un defribillatore. L'ha acceso e, quando la carica era completa, ha gridato qualcosa al marito, che ha interrotto il massaggio e si è fatto da parte. La signora ha appoggiato le piastre ai lati della pagnotta e ha scaricato il defribillatore. Il negoziante ha avvicinato l'orecchio al pane e si messo in ascolto. Dopo un paio di terribili secondi in silenzio, si è lasciato scappare un sospiro di sollievo, si è risollevato e mi ha guardato sorridendo.
"Ce l'abbiamo fatta" dice, in tedesco.
L'aveva resuscitato.
L'ho pagato un sacco.